Dumas: Il conte di Montecristo

ALEXANDRE DUMAS (padre)
Il conte di Montecristo (titolo originale: Le Comte de Monte-Cristo, 1844)

18 dumas

Soltanto ora che l’ho letto, mi accorgo del tremendo errore commesso nel lasciare questo corposo romanzo a impolverarsi per tanto tempo nello scaffale.

Una storia straordinaria,  universalmente conosciuta come sinonimo di vendetta: Edmond Dantès, marinaio di Marsiglia viene accusato di bonapartismo e consegnato alle autorità con una denuncia anonima, architettata ad arte dai suoi acerrimi nemici.

Edmond resta chiuso nel castello d’If per quattordici lunghi anni fino all’evasione. Da quel momento la sua vita avrà un solo scopo, vendicarsi di chi ha tramato alle sue spalle.

Entrato in possesso di un immenso tesoro, Dantès rinasce sotto le spoglie nobili di Conte di Montecristo e ordisce un atroce piano per colpire Fernand (suo rivale in amore), Danglars (socio in affari) e Villefort (magistrato corrotto).

Le mille e più pagine sono ben costruite, l’intreccio è spettacolare, c’è una logica ferrea nel dipanarsi degli eventi e nei rocamboleschi colpi di scena, tutto è spiegato nei minimi dettagli. Ogni tassello trova la sua posizione nel grande disegno di vendetta, dove il Conte in pieno delirio di Onnipotenza, si considera il braccio armato della giustizia divina.

Il personaggio di Montecristo è sublime, ci s’innamora facilmente di quest’anima cupa e malinconica e ogni sua nefandezza sembra legittima e quasi insignificante rispetto alle ingiustizie subite. Eppure si spera con tutta l’anima che Edmond si ravveda e rinunci alla follia omicida che lascia ovunque una scia di sangue. Belli e ben caratterizzati anche i personaggi femminili, tra cui la focosa Mercedes, fidanzata mai dimenticata, e la dolcissima Haydée, principessa greca salvata dalla schiavitù.

Ho trovato meravigliosa la descrizione della Parigi della Restaurazione, il lusso sfrenato della classe nobile, i pranzi, le feste,  i costumi e i rituali, le torbide relazioni adulterine, le finzioni e l’abbondante ipocrisia.

Non mi hanno infastidito le tante citazioni e informazioni di ordine enciclopedico disseminate nel testo, confesso di aver ignorato le centinaia di note esplicative, inutili ai fini della comprensione del romanzo e inserite intenzionalmente dallo scrittore “per allungare il brodo”. Dumas veniva pagato a numero di righe e ogni pretesto era buono per incastrare metafore o dilungarsi a raccordare i capitoli con frasi tipo ‘come abbiamo detto’ oppure ‘se ben vi ricordate’ messe  per i lettori che potevano aver dimenticato la trama o si erano persi una pubblicazione (stiamo parlando di un romanzo d’appendice).

E in ultimo mi piace citare la definizione data da Eco e trovata nel saggio in postfazione presente nella versione che ho letto: «Il Conte di Montecristo è senz’altro uno dei romanzi più appassionanti che siano mai stati scritti e dall’altra parte è uno dei romanzi più mal scritti di tutti i tempi e di tutte le letterature.»

Nonostante tutto, Il conte di Montecristo rimane uno dei più splendidi e avvincenti classici della letteratura universale, capolavoro di una mente geniale. Da leggere assolutamente, affidandovi alle versioni più recenti di traduzione.

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